Quante volte esporre le persone alla nostra pubblicità
La curva di risposta pubblicitaria è “convessa”, il che significa che il vantaggio marginale maggiore proviene dalle prime esposizioni del pubblico al nostro messaggio.
Quindi il primo contatto di un individuo con una campagna pubblicitaria corrisponde al momento in cui abbiamo la maggiore possibilità di “agganciarlo”.
Con l’aumentare del numero di esposizioni cumulative in un periodo, l’effetto marginale della pubblicità diminuisce.
Questa diminuzione della risposta indica che i clienti sono sempre meno propensi a rispondere a pubblicità ripetute.
Quindi: dobbiamo mostrare a ogni persona la nostra pubblicità il minor numero di volte possibile.
Per quanto tempo dobbiamo fare pubblicità?
Come abbiamo visto, la pubblicità ha una risposta marginale convessa. Ad ogni esposizione successiva alle prime, le persone saranno sempre più desensibilizzate e lo spot sarà sempre più inutile. E questa è la versione semplice.
Aggiungiamo ora un altro tassello a questo quadro molto interessante.
In letteratura si nota che esposizioni pubblicitarie multiple distanziate nel tempo – cioè esposizioni ben distribuite – producono una memorizzazione del messaggio maggiore rispetto a esposizioni in intervalli temporali brevi e ristretti.
Le persone impiegano maggiori risorse e quindi imparano in modo più efficace quando sono esposte allo stesso messaggio purché si faccia passare un tempo sufficiente tra una esposizione e la successiva. Questo perché il cervello ha così più tempo per elaborare le informazioni e creare connessioni tra la pubblicità, il brand e il prodotto o servizio promosso.
Queste due evidenze scientifiche sono perfettamente coerenti tra loro:
Gli esseri umani sono vittime di bias, tra cui l’effetto primacy. “Il primo amore non si scorda mai”.
Se ci deve essere un secondo amore, è meglio passi abbastanza tempo dal primo. In questo modo il cervello può “resettarsi” (uso il termine in modo figurato) ed essere di nuovo pronto.
Fuori dalla metafora, uno degli errori più straordinariamente ripetuti e insistenti di molti marketer e imprenditori (spesso guru e Maestri autodefiniti) è quello di “bombardare” il proprio pubblico con operazioni pubblicitarie pesantissime e che si esauriscono in poche settimane.
Soldi buttati, nella migliore ipotesi. Nella peggiore, i clienti sviluppano banner blindness, di fatto diventando insensibili anche alle pubblicità di altre aziende. Un danno per tutto il mercato.
Quindi: dobbiamo pianificare la nostra pubblicità nel periodo più lungo possibile. Idealmente per sempre.
In questo schema in cui ogni quadretto è una settimana, notiamo una pianificazione ideale.
Possiamo interrompere la nostra programmazione pubblicitaria?
Per varie ragioni di strategia o finanziarie, a volte i marchi smettono di fare campagne pubblicitarie ad ampio spettro (rivolte alla copertura/reach, cioè a più clienti possibili) per un anno e più. Cioè interrompono letteralmente la comunicazione con i loro possibili clienti.
Una ricerca ha analizzato due decadi di attività pubblicitarie di ben 41 brand di birra, liquori, sidro e alcolici in senso lato. Tutti marchi che, in un modo o nell’altro, hanno gestito la pubblicità in modo intermittente, con lunghi periodi di attività e poi dei “blackout”.
Sono emersi finding davvero interessanti e che confermano il ruolo vitale e necessario della pubblicità.
Tra questi:
Quando i brand interrompono la pubblicità, le vendite generalmente diminuiscono piuttosto rapidamente. Purtroppo, il crollo continua nel corso del tempo e non raggiunge un “plateau”.
Parliamo di numeri importanti. La diminuzione media nelle vendite è stata del -16% dopo un anno di assenza di pubblicità, -25% dopo due anni e -36% dopo tre anni.
Le dimensioni del marchio e la traiettoria delle vendite prima della cessazione della pubblicità influenzano queste cifre. Come ci aspettiamo (legge della double jeopardy del marketing) le vendite diminuiscono più rapidamente per i marchi piccoli e per quelli già in declino.
I grandi marchi in crescita vantano normalmente una grande inerzia, e anche questo trend è stato confermato dai dati. Questi brand continuavano infatti a crescere per mesi dopo la cessazione della pubblicità. Situazione inversa per i piccoli brand in crescita, cui declino inizia coerentemente con la cessazione dell’attività pubblicitaria.
Quindi: MAI interrompere la pianificazione pubblicitaria, specie se sei un piccolo brand.
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