Galbusera e Mago G! Nomi che evocano immediatamente l'aroma di biscotti appena sfornati, l'estetica (a volte un po' sopra le righe e quasi da brividi) anni '80 e che rappresentano un pezzo autentico del patrimonio gastronomico italiano.
Permettetemi di condividere con voi la storia affascinante di questo marchio che, pur non essendo tra i clienti di Deep Marketing (ancora?), merita un'analisi approfondita per comprendere come sia riuscito a mantenere la propria rilevanza in un mercato sempre più competitivo.
La storia di Galbusera inizia nel 1938 in un piccolo laboratorio di un caffè-pasticceria a Morbegno, in Valtellina, quando i fratelli Mario ed Enea Galbusera, figli del fondatore Ermete, decidono di ampliare il laboratorio paterno. Quello che inizia come un'attività artigianale, apprezzata per dolci e pasticcini, si evolve gradualmente includendo la produzione di biscotti artigianali.
È solo nel 1950 che viene avviato il primo impianto industriale, segnando l'inizio della trasformazione da piccola pasticceria a realtà imprenditoriale. La distribuzione dei prodotti Galbusera, inizialmente limitata alla Valtellina, si espande progressivamente alla Lombardia e poi a tutto il Nord Italia. Gli anni '60 segnano un punto di svolta con l'apertura dello stabilimento di Cosio Valtellino nel 1966, che permette di supportare una distribuzione ormai estesa a tutto il Nord Italia. Negli anni '70, la creazione della sede per gli uffici commerciali e marketing ad Agrate Brianza e lo sviluppo di una rete distributiva efficace, grazie al contributo di Franco Giandonati (storico manager milanese collaboratore di Mario Galbusera), portano i biscotti Galbusera definitivamente fuori dalla Valtellina.
ll tipico "miracolo italiano" che oggi non sarebbe decisamente più permesso. Alcuni imprenditori hanno sfruttato questo momento perfetto nella storia - in buona parte grazie agli americani e al piano Marshall - per "fare" la Storia.
L'identità visiva di Galbusera ha subito numerose trasformazioni nel corso degli anni, riflettendo l'evoluzione dell'azienda e adattandosi ai cambiamenti del mercato ma ha mantenuto una consistenza tutto sommato rara. Il primo logo, creato nel 1959, era una semplice iscrizione calligrafica, tipica dell'epoca. Nel 1981, il marchio si evolve: il logotipo diventa marrone, composto da lettere minuscole, con la singola lettera "g" che presenta un biscotto circolare nell'occhio superiore. Probabilmente, la versione meno riuscita perché senza uno stile script ragionato come il primo logo, e senza il pittogramma dei loghi successivi.
Gli anni '90 portano un ulteriore cambiamento: il nuovo logo non mostra più (fortunatamente!) il biscotto ma presenta la scritta nera con 6 elementi obliqui rossi. Nel 2008, l'agenzia milanese Robilant viene incaricata di rinnovare il logo, che viene ridisegnato con un nuovo carattere tipografico e strisce ammorbidite che simulano quasi un abbraccio, insieme a sfumature di blu e arancione che trasmettono maggiore naturalezza e calore.
Dal mio punto vista il vero "salto" è del 1990. Notiamo infatti un font totalmente diverso e più ardito rispetto al passato, ben bilanciato, col kerning corretto. Cerca di richiamare l'elemento calligrafico iniziale ignorando grazie al cielo il logo del 1981. Non mi spiego totalmente la scelta del pittogramma esageramente orizzontale e duro nella parte alta, ma la verità è che gli anni '90 abbondavano di simboli così rigidi e definiti.
Il restyling più recente risale al 2019, quando Galbusera introduce un nuovo logo con il segno grafico posizionato sopra il logotipo che, grazie a tagli appropriati, evoca le montagne della Valtellina, richiamando le origini dell'azienda. Mantiene il font del 2008 ma segue l'estetica contemporanea fatta di elementi flat, più minimali e delicati. A mio avviso ci riesce, non rinunciando troppo alla personalità.
Di seguito l'evoluzione dei loghi, credits https://www.museodelmarchioitaliano.it/galbusera/
La comunicazione di Galbusera ha sempre saputo distinguersi e ci ha sempre emozionato, creando un legame emotivo con i consumatori. Negli anni '80, l'azienda conquista il pubblico con spot memorabili, il più famoso dei quali presenta l'indimenticabile figura del "Mago G" o "il mago della bontà" che, indossando una parrucca e abiti gialli e rossi, girava per le strade di Milano con pattini e una carriola per distribuire pacchi di biscotti Valtellinesi.
Col senno di oggi, questo mago faceva piuttosto paura ed era grottesco. Ma, hey, erano gli anni '80! Tutto questo era la norma!
Nel corso degli anni, la comunicazione di Galbusera si è evoluta, mantenendo però sempre al centro i valori di autenticità, genuinità e benessere. Nel 2024, l'azienda ha lanciato un nuovo format di comunicazione in collaborazione con VML Italy, che apre idealmente le porte del "Galb&b", un luogo aspirazionale che fa da contenitore alle storie e ai prodotti di Galbusera valorizzandone le promesse nutrizionali e le unicità.
Se negli anni '80 il mago G ERA Galbusera. Oggi Galbusera è il contesto di origine. Ambientale. Più rassicurante e morbido. Curioso passaggio simbolico.
Un'altra interessante evoluzione nella comunicazione di Galbusera è l'utilizzo dell'animazione. Nel 2024, l'azienda ha scelto di mostrare per la prima volta il luogo dove tutto ha avuto inizio, utilizzando il linguaggio dell'animazione. Attraverso numerosi episodi, gli spettatori entrano in un mondo straordinario e magico, fatto di prodotti buoni, personaggi speciali e aria di montagna.
Chi ha vissuto gli anni '80 ricorderà che parlare di "cibo sano" era quasi considerato bizzarro. Mentre tutti si avventavano su merendine industriali zeppe di grassi idrogenati e conservanti, Galbusera ha fatto qualcosa di inaspettato: biscotti con ingredienti più naturali. Un atto quasi sovversivo, se vogliamo. Non era solo marketing, altrimenti sarebbe durato poco.
Lo slogan degli anni '90 "La salute prima di tutto" potrebbe sembrare banale oggi, ma allora rappresentava una piccola rivoluzione. Ho ancora in mente il packaging verde della linea "Speciali Salute" - Sorprendentemente, non sapevano di cartone come altri prodotti "dietetici" dell'epoca.
La verità è che adoro Galbusera anche perché ha saputo fare ciò in cui molti brand falliscono miseramente: rendere appetibile qualcosa di salutare. I loro biscotti integrali non sembravano una punizione, ma un'alternativa credibile. Un equilibrio quasi impossibile da raggiungere nel mondo del food, dove spesso "sano" è sinonimo di "insipido".
Notiamo un dettaglio interessante: nel 2014, mentre molti concorrenti del settore alimentare si concentravano sull'espansione internazionale, Galbusera ha fatto una mossa controcorrente acquisendo Tre Marie Ricorrenze. Una strategia brillante: invece di disperdere energie all'estero, hanno rafforzato la loro presenza in un segmento premium del mercato italiano.
Un'acquisizione che dimostra una visione chiara: non crescere per crescere, ma crescere dove si ha un vantaggio reale - la credibilità nel mercato italiano.
Parliamoci chiaro: il settore alimentare oggi è un campo minato. L'inflazione ha fatto schizzare i costi delle materie prime a livelli assurdi, e il povero consumatore si trova stritolato tra la voglia di qualità e un portafoglio sempre più leggero. Ho sentito Giovanna Solito, direttrice marketing di Galbusera, parlare di "scenario inflattivo" - un'elegante espressione tecnica per dire che i prezzi degli ingredienti sono alle stelle e i margini si assottigliano come un biscotto Crackers Salati lasciato troppo a lungo in bocca.
La vera sfida di Galbusera non è solo economica, però. È rimanere rilevante in un mercato dove ogni settimana appare un nuovo "superfood", una nuova dieta miracolosa, un nuovo trend alimentare. Il consumatore medio cambia idea sulla propria alimentazione con la stessa frequenza con cui cambia serie TV su Netflix. E qui sta il vero test: come può un'azienda nata negli anni '30 parlare ai consumatori del 2025?
La soluzione di Galbusera è intelligente ma non priva di rischi.
Il format "Galb&B" rappresenta un tentativo di svecchiare l'immagine senza tradire le radici. È un equilibrismo non banale: rievocare la montagna (elemento distintivo e autentico) ma inserirla in un contesto contemporaneo. Mi fa sorridere questo gioco di parole che strizza l'occhio agli Airbnb, tentando di fondere tradizione e modernità.
Ciò che mi incuriosisce è se questo approccio riuscirà a parlare davvero alla Gen Z, che ha un rapporto con il cibo totalmente diverso dalle generazioni precedenti. I giovani di oggi non cercano solo ingredienti sani, ma vogliono sapere l'impatto ambientale, le politiche aziendali, la sostenibilità della filiera. Su questo aspetto, Galbusera dovrà accelerare la comunicazione se vuole davvero conquistare chi oggi ha 20 anni.
Galbusera mi affascina perché rappresenta un paradosso nel panorama del marketing contemporaneo. Mentre centinaia di brand nati ieri si affannano a costruire storie di "autenticità" inventate a tavolino, ecco che abbiamo un'azienda con una storia vera, radici reali, e una traiettoria coerente. Non hanno dovuto inventarsi un nonno panettiere o una nonna con ricette segrete - la loro storia è genuinamente autentica. Quanto vale questo nel 2025? Tantissimo, se sai raccontarlo nel modo giusto.
La struttura proprietaria con la terza generazione Galbusera al timone che mantiene il controllo ma affida la gestione a manager esterni è un esempio di come equilibrare tradizione e professionalità. Francamente raro in molte aziende.
Quante realtà italiane si sono estinte perché il nipote del fondatore pensava di essere un genio del business solo per diritto ereditario? La famiglia Galbusera ha avuto l'intelligenza di capire quando fare un passo indietro sulla gestione operativa, pur mantenendo la visione di lungo periodo.
Ho seguito l'evoluzione di Galbusera per anni, e se dovessi scommettere su un'azienda alimentare italiana capace di resistere alla tempesta economica attuale, punterei su di loro.
Non perché siano i più grandi o i più innovativi, ma perché hanno qualcosa che non si può copiare: una credibilità costruita biscotto dopo biscotto, anno dopo anno.
Se fossi in Galbusera punterei ancora di più sul raccontare la storia e il processo produttivo, portando i consumatori dietro le quinte. In un'epoca dove tutto sembra fake, mostrare come nascono davvero i tuoi prodotti è la comunicazione più dirompente che tu possa fare.
Galbusera non è perfetta - nessun brand lo è.
Ma in un panorama di colossi multinazionali senz'anima e startup del food che appaiono e scompaiono come fuochi fatui, rappresenta qualcosa di prezioso: un'azienda italiana che ha saputo reinventarsi rimanendo fedele a sé stessa. E in un mondo di copie, l'originale avrà sempre un valore speciale.
Grandi Galbusera.
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